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FANGHI DA DEPURAZIONE ED EMERGENZA RIFIUTI

Riportiamo un breve report sulle risultanze dell'incontro del 17 Gennaio presso il centro Tommasoli dedicato all'effetto cumulativo degli impianti di trattamento dei rifiuti nell'est veronese.

Lo stato dell’Ambiente in Pianura Padana, ed in particolare nel Veneto, richiede un approccio riflessivo sulla tematica dei Fanghi di Depurazione non avviabili al recupero in Agricoltura.

Il progetto dell'impianto di essiccazione e combustione dei Fanghi Organici per il quale Agsm-Aim ha chiesto l’autorizzazione alla Regione Veneto (Ca’ del Bue), richiama alcune considerazioni preliminari, poiché dai documenti espressi dalle varie amministrazioni (non ultimo il Piano Regionale dei Rifiuti, DGR n. 988 del 09 agosto 2022) si parla di necessità di ridurre la produzione dei rifiuti pro-capite, avviando nei fatti un’inversione di tendenza, prima ancora che trasformarli o “termovalorizzarli”.

D'altra parte la direttiva sulla qualità dell’aria approvata dal Parlamento europeo nel settembre 2023, si pone obiettivi assai stringenti per quanto concerne i limiti delle polveri sottili entro il 2030. Normativa che, se applicata al nostro Giarol Grande dove hanno sede le centraline dell'ARPAV, sarebbe stata "bucata" per nove giorni su dieci durante il mese di Gennaio 2024.

Nel Veneto in particolare, l’annosa questione delle Sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) nelle acque di falda, richiede un supplemento di prudenza. E’ aperta infatti la discussione nella comunità scientifica sull’effettiva efficacia dell’incenerimento, anche ad alte temperature (>1200 C°), delle sostanze che le contengono. Ad esempio, nel progetto di ammodernamento dell’inceneritore di Padova si è stabilito che l’impianto “non può bruciare rifiuti liquidi contenenti PFAS (inclusi i percolati di discarica)… che dovranno essere avviati a recupero di materia secondo i principi dell'economia circolare” (Comunicato n° 2256 - 2021 Regione Veneto). La domanda che ci poniamo è: se per i fanghi di depurazione destinati alla discarica la Regione impone l’analisi del contenuto di PFAS, per i fanghi essiccati (civili e industriali) da incenerire sono prescritte identiche analisi? 

L’individuazione degli esperti “terzi”, i cosiddetti “tecnici”, che potrebbero esprimere un parere sul progetto di Ca’ del Bue, in particolare per il Comune di Verona, dovrebbe essere operata dalla stessa Amministrazione cittadina. Non va affatto esclusa la possibilità di avviare un accordo quadro con le Università italiane dotate di Poli di Ricerca specializzati in materia e usiamo il plurale con la finalità di ottenere più di una opinione (anche dal punto di vista giuridico).

Compito dei decisori politici, infatti è stabilire la soglia del Punto Critico, oltre il quale non è possibile spingersi per non favorire un effetto moltiplicatore negativo sulle condizioni dell’ecosistema circostante le infrastrutture e sulla salute delle persone.

Siamo d’accordo col il Presidente di AGSM, Federico Testa, quando afferma che: “Si proceda con l’impianto di trattamento fanghi solo se diminuirà l’impatto sul Territorio”, ma il concetto non va circoscritto alla messa in funzione del singolo impianto, ma sul combinato disposto dell'insieme di installazioni industriali e di smaltimento-trattamento rifiuti (tra gli altri Ca’ Bianca e Ca’ Vecchia, strutture in espansione) che insistono su un fazzoletto di pochi chilometri quadrati nell’est veronese.

Si parla infatti, nella comunità scientifica, di “effetto cumulativo”.

Non possiamo sottovalutare poi l’esistenza di una zona golenale, la compresenza del più importante distretto agricolo del Comune di Verona, di una superficie ricca di risorgive, il corso dell’Adige che scorre assai vicino, i parchi dell’Adige e del Pontoncello come “Vicini di casa” dell’Impianto di Ca’ del Bue.

Occorre operare in piena trasparenza comunicativa verso i cittadini ed i portatori di interesse (tra i quali le associazioni sul territorio) e gli amministratori da parte della Partecipata (AGSM-AIM). Siamo attenti al tema della “transizione ecologica” e per questo il concetto di “Zona di Sacrificio”, per l’Est Veronese”, non può essere importato dalle tristi esperienze raccolte nel Rapporto del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU (12 gennaio 2022).

Per questo affermiamo la nostra interpretazione del cosiddetto “punto critico”, superato il quale avremmo seri dubbi sull’opportunità della realizzazione di un impianto di Termovalorizzazione dei Fanghi di Depurazione nelle basse di San Michele:

  1. Qualsiasi sperimentazione ed avvio di un nuovo impianto non può peggiorare la situazione esistente nella sua prossimità, in particolare per quanto concerne diossine, PFAS, microparticelle (PM10, PM2.5).

  2. L’idea che l’effetto di una o più fasi del processo di Termovalorizzazione dei Fanghi di Depurazione rimanga “unpredictable” e sede di verifica ex-post, nel senso che verrebbe misurato solo a valle della sua messa in opera (ad esempio la dispersione dei PFAS sul Territorio), non può essere oggetto di negoziazione.

  3. Tutte le valutazioni sull’Impianto devono associarsi a considerazioni sistemiche (almeno a livello provinciale). Compito dei decisori è concentrarsi su una visione prospettica sul tema dei rifiuti e tenere presente che gli effetti di più sollecitazioni ambientali negative sulla medesima zona, peraltro assai circoscritta, sono difficilmente quantificabili nel tempo.

  4. Le eventuali compensazioni non possono “ripagare” il benessere futuro delle persone (scambio salute-economia), esse riguarderebbero comunque le scelte operate in passato. Dal domani non possiamo che aspettarci processi virtuosi e circolari dal punto di vista ambientale.

Prendiamo le distanze dalla logica del: “Non nel mio giardino”, ma non smarriamo il senso della realtà e l’esame oggettivo dei fatti, che in taluni casi consigliano oculatezza e lungimiranza nelle decisioni.

Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.

ALCIDE DE GASPERI

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